Le donne venete, nobili e popolane, hanno sempre espresso la loro femminilità in modo unico, mostrando arguzia, determinazione e consapevolezza, qualità riassunte nel termine veneziano “morbin.” Questa femminilità si rifletteva anche nell’uso dello scialle, un indumento emblematico.

Nel 1761, Giovanni Zivaglio ottenne la licenza per produrre fazzoletti simili a quelli usati nelle Indie, chiamati “zendado” o “zendàle.” Si trattava di grandi scialli con lunghe frange, realizzati in seta o pizzo per le donne abbienti, mentre le popolane preferivano quelli in lana ricamata. Lo scialle, oltre a proteggere dal freddo, diventava uno strumento di seduzione: le giovani lo usavano per attirare i ragazzi, facendo svolazzare le frange che si impigliavano nei bottoni delle giacche, da cui l’espressione “attaccare bottone” (tacàr botòn).
Col tempo, lo zendado divenne semplicemente “scialle,” diffondendosi in tutto il Veneto come simbolo di bellezza e originalità. Dal 1848, durante il lutto per i caduti nella lotta di liberazione, lo scialle divenne rigorosamente nero, confermando il suo valore culturale e sociale.

